Opinioni
É luglio nel centro storico di Bibbiena e mai come quest'anno l’abbiamo visto così deserto.
Purtroppo, questa situazione sembra essere condivisa da altre realtà nel territorio casentinese. Dopo un piccolo boom turistico post-Covid, l'attenzione verso i piccoli centri non è più sufficiente. Siamo a metà luglio e la situazione appare tragica.
Non ce la sentiamo di dare la colpa ai cantieri che attanagliano la nostra viabilità, per quanto condividiamo la preoccupazione sull'attuale gestione egli stessi, perché siamo consapevoli che il Casentino non è comunque certamente terra di last minute e che, contestualmente, non vi è promozione dalla Provincia nei confronti della nostra vallata. Le forze e gli sforzi ricadono quindi sui privati e sugli amministratori locali.
Proviamo però per un attimo a immaginarci cosa cerca un turista da un piccolo borgo toscano:
Facciamo questo esperimento, immaginiamo di andare in ferie, cappello di paglia e scarpe comode, è caldo ma vestiamo con tessuti leggeri e una leggera brezza attraversa i nostri borghi e i nostri abiti.
Cosa vedo intorno a me? L'architettura caratteristica, le facciate tipiche della zona in cui mi trovo, negozi e negozietti di artigianato e prelibatezze locali, magari vasi di fiori, persone sudate ma sorridenti, un bicchiere di bianco ghiacciato mentre aspetto un trancio di focaccia seduta all'ombra dei palazzi storici e di quelle belle fotografie che inaspettatamente ho trovato disseminate per il paese, in attesa, magari, che apra una mostra, di visitare un giardino o semplicemente facendo un aperitivo in attesa di gustarmi la cena.
Quello che troviamo noi invece è una piazza abbandonata, con un palco che staziona imponente e inutilizzato tra un evento e l'altro (e non, non c'è certamente un evento ogni giorno), un olivo seccato da un sole esagerato, legato alla ringhiera con una corda che pare fatta di disperazione. Accanto alle foto campeggiano bidoni arrugginiti e i resti di chissà quale manifestazione abbandonati da settimane, storti e stinti dal sole implacabile. Ci sono i locali sì, alla fine di una strada costellata di guano e urina tra i fondi commerciali sempre più rarefatti.
Il panorama è bello, bellissimo, ma non c’è nessuno a guardarlo. Gli espositori per i dépliant informativi sono spesso vuoti e, in ogni caso, molto di ciò di cui raccontano non sarà visitabile, perché chiuso o inaccessibile, o raggiungibile solo con un’auto a disposizione, senza che vi siano indicazioni veramente utili al visitatore: solo un breve trafiletto a testimonianza che questi luoghi esistono davvero.
La verità è che Il centro storico è ormai una vetrina per eventi occasionali, spesso scollegati dalla sua essenza e con una realizzazione non sostenibile, dove si chiede a commercianti e abitanti di fare uno sforzo in più, di rinunciare al garage per un paio di sere, di fare qualche apertura straordinaria che dai, vi fate pubblicità (e soprattutto, perché diciamocelo, un centro storico con le luci spente non è bello da vedere).
E se qualcuno si prova a lamentarsi non c’è una riflessione, bensì la retorica del “non va mai bene nulla”, o del voler far polemica a tutti i costi.
Bibbiena non è un salotto vuoto da riempire e svuotare a piacimento per ogni tipo di manifestazione, a cui dare una rispolverata quando c’è da far bella figura lasciandolo poi nell’oblio e nell’abbandono tra un evento e l’altro (eventi anche bellissimi e che siamo veramente felici che arricchiscano la vita del nostro paese, intendiamoci, ma poi, cosa rimane per il giorno dopo, e quello dopo ancora?).
Il paese è e deve essere un luogo dinamico, attivo, dove le persone vivono e lavorano quotidianamente.
Gli spazi e i momenti scelti per gli eventi devono essere gestiti in modo da non interferire con la vita dei residenti e dei commercianti creando una continuità e una programmazione che sia, appunto, sostenibile e adeguata al contesto, rispettosa del turista quanto di chi ci vive e ci lavora. E che soprattutto sappia portare a vivere il centro anche di giorno, vivendo la piazza, il paese e la sua realtà sociale e d economica.
Sono passati molti treni negli anni, e forse sarà che da noi in estate ci sono sempre i pullman sostitutivi e per questo che ne abbiamo persi molti, ma è urgente rendersi conto che dobbiamo lavorare per una microeconomia con una modalità propositiva e non assistenzialista, con progetti a lungo termine – ben studiati, pensati e finanziati - , con la capacità di guardare ad esempi lontani e vicini, di accogliere i suggerimenti e le professionalità in grado di portare continuità nella promozione, di scegliere, insomma, finalmente una strada e seguirla, perché affidandosi al vento si può solo sperare che non giri mai dal lato sbagliato...
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